I Calexico e la gioia del tornare a far musica assieme
La ricerca di un faro in mezzo al deserto che abbiamo (e che stiamo) attraversando. Trovare una luce per guardarsi attorno, ma anche per guardarci dentro: è la metafora che i Calexico hanno scelto per il loro ritorno: “El mirador” è il primo disco di inediti in 4 anni della band guidata da Joey Burns e John Convertino. In mezzo una collaborazione con Iron & Wine, un disco natalizio durante la pandemia. E tanti cambiamenti: il gruppo ha sempre raccontato storie di deserto e confine, ma i suoi membri si sono spostati da Tucson, la città dove è nato tutto. Burns vive in Idaho, Convertino in Texas.
Ritorno a Tucson
Ma a Tucson i Calexco sono tornati per registrare questo album, che è un disco soprattutto sulla felicità del fare musica assieme, in presenza: nella città di frontiera tra Arizona e Mexico vive Sergio Mendoza, che è il terzo membro (non) ufficiale della comunità della band. Ne è venuto fuori un disco dove la componente latina della musica dei Calexico è centrale: “Ho pensato a canzoni che potessero unirci: il ritmo, il groove ne sono parte. È qualcosa che ci viene naturale, quella musica fa stare bene la band e chi la ascolta”, racconta Burns.
“È un disco vario per suoni, ambientazioni e racconti, ma abbiamo cercato qualcosa che alzasse l’energia: il ritmo è uno strumento per spingere la gente fuori dall’isolamento e dalla depressione di questo periodo, verso una prospettiva più luminosa, ma allo stesso tempo riconoscendo le difficoltà che abbiamo attraversato".
“El mirador”, spiega “è una canzone sul non sentirsi isolati, ma collegati. Trovare una prospettiva sulle cose, anche in mezzo al deserto. Ovviamente a 55 anni, con un famiglia, dei figli. Ritornare nel deserto, riscoprirne il feeling, il mood, le metafore; è stato fantastico e profondo. Abbiamo deciso di accettarlo, di parlare di quello che siamo. Il faro accende una luce non solo sul passato ma una luce molto più necessaria sul futuro, su dove stiamo andando.
La comunità dei Calexico
“Comunità” è la parola chiave di questa fase della musica dei Calexico, che non è mai andata in tour in questi due anni, neanche nelle pause dalle varie ondate: “Ci mancavamo, ci mancava il pubblico, in questo periodo: ci chiedevamo che mondo avremmo trovato una volta ci fossimo rivisti. Volevamo che fosse un disco nato con dei musicisti nella stessa stanza. Abbiamo aspettato i vaccini, e anche che Sergio finisse il suo studio. Sono arrivato in studio con una sola idea, senza demo. Volevo che non fosse un disco nato solo da me, ma da un lavoro collettivo. In particolare da Sergio che ormai è con noi da molti anni ed è un bel punto di equilibrio tra me e John”.
Non è un disco che ha un concept o una storia particolare se non questo, racconta Burns, che spiega che è stato scritto cercando di lasciare da parte il più possibile la complessità per focalizzarsi sulla forma canzone più classica: “Il Covid, lo stare fermo dai tour e stare a casa con la famiglia: ti fa riflettere sulle cose in maniera diversa. Ho lavorato più su me stesso, anche se non sono mai stato uno che si siede e decide di scrivere una canzone su un tema preciso o sulle proprie ansie. Sono più uno che scrive in maniera astratta, ma con frasi molto dirette: in questo periodo, tra la fine dell’amministrazione Trump e il covid, c’era molto materiale. Provo a raccontare l’uscita da questo periodo: guardo il mondo dal mio mirador, ma guardo anche me stesso, le mie sensazioni, mi chiedo dove sono come artista, come uomo e come padre di famiglia”.
Calexico Reggaeton? Non proprio...
“El mirador” è un album collaborativo: oltre a Mendoza, ci sono due canzoni firmate e interpretate con Pietra Brown (“È una sorta di Dylan al femminile, grande penna e grande voce, con un phrasing e interpretazione davvero alla Dylan. Abbiamo finito per lavorare su due canzoni - El Paso è una bella riflessione sulle sensazione vita di confine agli Stati Uniti). E Burns ha lavorato pure con le figlie, che gli hanno dato una prospettiva diversa su musiche diverse, compreso il pop e il reggaeton: “Mi ha influenzato ascoltare la musica pop attraverso le loro orecchie, cose come “Montero” di Lil Nas X. ‘Constellation’, per esempio è basata su beat reggaeton - ma appena provavamo a lavorare in quella direzione suonava troppo derivativa e stereotipata, anche così abbiamo cercato una nostra via in quel mondo. La musica latina risuona in maniera diversa con le persone. Per me è allegra anche quando è in minore. Per le mie figlie, che associano l’allegria con una chiave maggiore e con certi tipi di ritmi, non è così. Ogni tanto mi dicono “papà puoi toglierla perché è triste”? anche per questo ho cercato di tenere ritmi ed energia alta”.
In America c’è una nuova ondata di successo della musica latina, grazie alle canzoni di “Encanto”, scritte da Lin Manuel Miranda per la Disney: “credo sia una combinazione di diversi elementi: il periodo, la moda, la fortuna e sicuramente la qualità di scrittura dei brani. Ma c'è il fatto che le melodie, le armonie e i ritmi latini sono naturalmente fantastici. La musica latina risponde ad un bisogno di ricerca di diversità, di voci e suoni che spesso non sono stati rappresentati adeguatamente negli ultimi anni, soprattutto in America".
Il tour (e il futuro incerto)
I Calexico saranno in tour in Italia a brevissimo: il 26 aprile a Roma e il 27 a Milano: “Sul palco saremo in sette: l’approccio dei Calexico è quello di celebrare la vita, il ritorno, come se fosse l’ultimo tour per un bel po’, perché non si sa mai”, spiega. Il presente e il futuro non è semplice, non è detto che la formula attuale sia ancora sostenibile per molti musicisti. “Le cose stanno cambiando, prendendo una piega naturale, con il fatto che la musica digitale favorisce le canzoni e non gli album, la musica potrebbe prendere forme diverse, con forme di collaborazioni, magari anche con altri artisti…”